Sugar Blue è un nome dell’armonica che è impossibile da ignorare. Che siate fan del Blues elettrico di Chicago “old school”, del Rock N Roll o delle sonorità più moderne, Sugar Blue riesce ed è riuscito a coprirle tutte senza mai perdere l’altissima qualità musicale o la sua identità di armonicista.

Inutile negarlo: esiste un’armonica pre Sugar Blue e post Sugar Blue. I vari armonicisti “veloci” di oggi, quelli che possiamo definire – almeno per età – contemporanei devono dire grazie a lui. Questo armonicista ha aperto le porte ad un nuovo approccio di suonare l’armonica che, piaccia o meno, non può essere ignorato e deve essere ascoltato ed approfondito. Come non si può fingere che Jimi Hendrix non abbia rivoluzionato la chitarra, non si può fingere che Sugar Blue non sia il “Jimi Hendrix dell’armonica”.

Grazie a Ilaria Lantieri, sua moglie e gustosa bassista della band, ho avuto modo di porre 10 domande a Sugar Blue. Come sempre, dai grandi musicisti, le risposte date sono sicuramente stimolanti e inaspettate.

 

1. Sei l’uomo che ha portato l’armonica ad un nuovo livello di musicalità. Per me c’è un “prima di Sugar Blue” e un “dopo Sugar Blue” nella storia dell’armonica. Quali sono le influenze che ti hanno spinto a farlo?

Ho ascoltato diversi musicisti di diversi strumenti. Ero influenzato pesantemente da Jimmy Smith e provavo a far suonare l’armonica come un organo hammond il più possibile. Si chiama “mouth organ”, no? Certamente ero influenzato dalle big band perché mia madre ascoltava sempre la musica della sua infanzia: Basie, Duke, Hampton, Webb, Calloway e molti altri. Mi sono innamorato di Lester Young quando ho sentito un brano che faceva intitolato “PC Blues” e di Paul Gonsalves su un brano chiamato “Flying Home” scritto da Lionel Hampton. Questa era gente che sapeva swingare! Volevo essere lirico e preciso come i suonatori di fiati che adoravo!! Ho avuto modo di frequentare gente come Dexter Gordon, Archie Shep, Rahsan Roland Kirk, Stan Getz, Paul Quinichette e Buddy Tate quando vivevo a New York negli anni settanta e sicuramente hanno avuto delle influenze sul modo in cui suono!

Alle superiori, negli anni sessanta, frequentavo dei ragazzi del centro che ascoltavano un sacco di musica folk: Woody Guthrie, Joan Baez, Bob Dylan, Buffy Sainte Marie e Huddie Ledbetter e scoprii il down home Blues. Robert Johnson, Blind Lemon Jefferson, Charley Patton, Sonny Terry e Brownie McGhee, che mi hanno condotto a Sonny Boy Williamson, Rice Miller, Muddy Waters, Little Walter, Big Walter, Bullet Williams, James Cotton, Howlin’ Wolf, Willie Dixon, Koko Taylor, Junior Wells, Louis e Dave Myers e il genere del Chicago Blues. Senza dimenticare BB King che è un genere di Blues nel Blues.

 

2. Quale è la tua routine di studio? Fai del riscaldamento? Suoni scale, fraseggi? Studi ancora i lavori di altri artisti?

Suono scale e idee che mi vengono in mente. Quando ero giovane ho studiato i grandi maestri diligentemente: Jimmy Reed, Sonny Boy 1 e 2, Little e Big Walter e anche i sassofonisti che suonavano il sax alto e i clarinettisti. Il grande Sidney Bechet su consiglio di Larry Johnson, un Bluesman incredibile, ma tristemente poco riconosciuto, con il quale ho lavorato all’inizio della mia carriera. Ascoltare i dischi e i CD è importante, ma la miglior scuola è la “vecchia scuola”. Devi avere un mentore, apprendere da un maestro se puoi perché solo questi può aiutarti ad approfondire, ad andare oltre il suono che senti dagli altoparlanti per trasformarlo nell’anima e nello spirito che rendono la musica viva! La musica è il supporto tra la vita spirituale e sensoriale e hai bisogno di quella prossimità: le esperienze di vita, il tocco personalo che fanno scattare la magia in modo da sentira, toccarla e viverla come i progenitori fecero! Il Blues passa da persona a persona, da una mano all’altra come dicono i “vecchi”, come la suonavano i “vecchi”.

 

3. La cosa fantastica del tuo modo di suonare è che puoi essere veloce quanto vuoi oppure cambiare e suonare in maniera più classica, a seconda della situazione. Come gestisci queste due diverse facce della medaglia?

La velocità è uno strumento utile, ma non è ciò su cui focalizzarsi. È una tecnica e una tecnica è utile quanto lo è la tua creatività e la conoscenza che hai interiorizzato di permette di essere. Non è quanto veloce sei ad arrivare, ma come navighi per arrivare lì che rendere il viaggio interessante all’ascoltatore. Devi prendere il tempo per raccontare la storia. Per me la musica è un viaggio lirico che fluisce e rifluisce come un fiume. Ci sono lunghe correnti lente e ci sono le rapide: bisogna attraversarle tutte dolcemente per soddisfare l’ascolto e lenire l’anima.

Suonare Blues richiede concentrazione e delle abilità creative sulla melodia. Rallenta il metronomo e capirai cosa intendo. Willie Dixon, una volta, mi ha detto: “il Blues è come un quadro. Il testo che racconta la storia è il colore sulla tela, la musica è la cornice che tiene tutto insieme e la rende completa e pronta per essere esposta. Se la cornice non si sposa con il quadro, tutto diventa insostenibile e inascoltabile.”

 

4. La tua armonica amplificata ha un suono molto distintivo. È pieno, ha una certa distorsione, ma è sempre cristallino permettendo così agli ascoltatori di capire e riconoscere i tuoi fraseggi e le note che suoni. Che strumentazione usi? C’è differenza tra ciò che usi dal vivo e in studio?

Ho usato sempre amplificatori valvolari su tutti i miei dischi perché hanno un suono più caldo che i transistor non riescono a dare. Stessa cosa per i concerti dal vivo. Penso che la chiave per un buon suono sia come imposti l’amplificatore sugli Alti, Medi e Bassi e dandogli un po’ di Overdrive per ottenere quel suono caldo con un po’ di carattare tagliente, più un pochino di riverbero ma in maniera parsimoniosa in modo da non perdere definizione sulle note. Usavo i pedali, ma cambiavano così tanto il suono dell’armonica che non sembrava più lo stesso strumento, quindi ho ricominciato ad usare solo un microfono e un amplificatore che mi dessero il suono che cercavo. Ci sono delle volte in cui l’armonica amplificata non mi dà quella sonorità dolce che serve per una certa emozione in un brano e lì è dove suonare in acustico è l’unica opzione da usare.

 

5. Parliamo di teoria musicale: ho ricevuto le risposte più diverse da diversi armonicisti di prima classe. Cosa pensi della teoria musicale? Gli armonicisti dovrebbero impararne almeno un po’? È utile per te?

Più capisci la musica, meglio è. Alcuni vanno solo ad orecchio, altri per manoscritti. Penso che ognuno debba trovarsi la sua modalità e usare quella. Io uso un po’ di entrambi i mondi, ma ad ogni modi non c’è nulla come un buon orecchio, caro mio!

Mi è stato detto da lettori (musicali) molto astituo che una particolare nota che ho usato poteva non starci armonicamente. La considero la loro mera opinione e se suona bene e sta all’interno dello spirito del brano, allora va bene. È una semplice questione di gusti. Non ci sono note sbagliate, ma la nota giusta nel posto sbagliato? Non va bene, baby!

 

6. Come gestisci le prove con la band? E quando lavori come sideman?

Alle prove, lavorando su nuovo materiale, discutiamo del ritmo di base e della melodia e poi suoniamo per vedere se c’è una buona fusione del tutto con il testo, jammandoci su. Se sentiamo che funziona la sistemiamo, altrimenti buttiamo l’idea e passiamo alla successiva. Lavoriamo insieme proponendo suoni e strutture per far funzionare la canzone. Se hai coesione, compatibilità e collaborazione come forza creativa, le possibilità sono infinite!!

Come musicisita che lavora in una session, prima di tutto ascolto la canzone e chiedo all’autore o al canante cosa vuole che il mio intervento porti al brano e poi gli diamo un giro. Ho fatto delle sessione dove abbiamo registrato senza troppe pianificazioni per vedere cosa succedeva e che fosse ciò che era necessario, al primo tentativo. Quindi bisogna sempre far partire il nastro…beh, almeno quando il nastro si usava. Oggi è tutto digitale!!

 

7. Hai lavorato con il “who’s who” della musica Blues e nella musica da esso derivata. Ti hanno detto cosa suonare a volte o hai sempre portato la tua influenza ed esperienza nel loro lavoro?

Ti rispondo con una citazione dal mio mentro, amico e maestro Willie Dixon: “Il Blues è la radice, il resto sono i frutti”. Tutta la musica che ascoltiamo oggi, dal Jazz al Country, Soul, Gospel, Motown, Reggae, Rap, Trance, Hip Hop, ‘Rock’n’Roll, Punk, Fusion, Metal, Disco, Pop, Rave, Salsa, eccetera sono derivazione del Blues!! Da Bessie Smith a Beyonce, da Louis Jordan a Bruno Mars, da Chuck Berry ai Beatles, da Ray Charles a Elton John e tutto ciò che sta in mezzo, sono figli del Blues! Questo è uno dei tanti motivi per i quali sono onorato di essere un Bluesman!

Quando vado in studio con un artista, ascolto le loro idee e concetti per la canzone e prendo tutte le istruzioni che mi possono dare. Poi porto le loro idee attraverso la lente del mio feeling e delle mie abilità, al massimo che mi è possibile. Devi focalizzare la tua mira sui loro obiettivi e quando si mette tutto insieme è fatta la magia!

 

8. Nei tuoi album si sentono molti arrangiamenti e un gusto differente della musica Blues. Per me è come se lo mantenessi rilevante. Scrivi tu gli arrangamenti? Se non lo fai, però, come comunichi con gli altri arrangiatori e musicisti che suonano con te?

Quando ero nella band di Willie Dixon, mi disse che quando lui e Muddy Waters, Jimmie Rogers, Howlin’ Wolf, Little Walter, Sonny Boy e molti altri registravano le canzoni che oggi consideriamo dei classici, queste erano idee nuove, composizioni estreme, innovative che usavano strumenti elettrici che permettevano di esplorare nuove possibilità sonore che prima non si pensavano e non si erano mai sentite. Qualcosa che era incendiaro e la cui fiamma brucia ancora oggi!

Mi ha detto che se volevo essere rilevante dovevo essere originale nei miei concetti e negli sforzi creativi, aggiungendo e ringiovanendo il genere perché il Blues è qualcosa di vivo ed è vitale e vibrante tanto quanto la tua visione lo può rendere.

Ho provato e continuo ad aspirare a fare ciò tanto quanto Dixon mi ha istruito e ispirato perché questa musica è un’eredità dei miei progenitore e spero di rendere loro orgogliosi, tanto quanto me! Sono stato fortunato a lavorare con musicisti talentuosi e creativi che vedono il Blues come qualcosa in costante evoluzione che è ancora capace di trovare nuovi orizzonti e mi aiutano a mettere a frutto alcuni miei concetti più avventurosi. In questa intervista hai nominato la parola “sideman”. Non ho mai visto gli artisti con i quali creo come “sidemen”, sono uomini e donne dalla mia parte del viaggio e io sono dalla loro. Insieme cerchiamo di creare nuove onde nell’eterno oceano che è il Blues.

 

9. Che marca e modello di armoniche suoni? Perché?

Ahh!! Questa è facile! Non è un’armonica se non è una Honer! Preferisco le Special 20 e le 365 Marine Band a 14 fori. Perché? Tutti i grandi armonicisti che hanno registrato i brani che amo di più nel Blues, Rhythm and Blues, Jazz e Rock’n’Roll suonavano armoniche Hohner: se non è rotto, non aggiustarlo! Tanti hanno provato, ma nessuno è riuscito ancora a fare un ottimo lavoro come il vecchio Matthias!

 

10. Quali suggerimenti daresti a chi si approccia all’armonica e a chi la suona già da tempo?

Ascoltare, ascoltare e ascoltare. Poi provate ad emulare gli artisti che vi ispirano e poi studiare, studiare, studiare e ascoltare ancora! Gli orecchi sono il passaggio, la perseveranza la chiave per sbloccare i tesori. Your ears are the gateway, your perseverance is the key to unlock the treasures. Impegnatevi ad essere antropologi/musicologi perché il Blues è un’eredità di un popolo e una musicale e poetica filosofia di vita!

 

 

Un grandissimo grazie a Sugar Blue e ad Ilaria per questa intervista. Non dimenticate di visitare il suo sito: www.sugar-blue.com