Dopo l’articolo sulle due prospettive teoria musicale vs. linguaggio oggi penso ad uno spunto derivato da un’altra lezione, dove analizzavamo “Evan Shuffle” di Little Walter.
Quello che succede sui primi due giri da 8 misure (anche se suggerisco di approfondire il tutto brano) è interessante per cinque motivi:
- Le note fondamentali usate (sulla prima sezione i fori 1 aspirato, 2 aspirato, 2 soffiato, 3 soffiato; sulla seconda sezione 2 aspirato, 3 aspirato piegato di mezzo tono, 4 soffiato, 4 aspirato)
- La ritmica usata su queste note
- Le “ghost notes” e gli abbellimenti
- L’uso di “sillabe” per aiutare la ritmica delle frasi
- L’uso di accenti” e del “cupping” per cambiare la dinamica del suono
Questi cinque punti potrebbero essere definiti con un unico termine: è il dettaglio che fa la differenza o, volendo, è il linguaggio dello stile.
Riconoscere i pattern che suoniamo e imparare a ritrovarli su altri brani (anche se con ritmi diversi) ci aiuta a memorizzare delle costanti del linguaggio. Costanti che possono essere i pattern (o fraseggi) usati è e i fori che entrano in gioco suonandoli.
Il pattern delle prime 8 misure di Evan Shuffle è molto simile a quello di Bye Bye Bird di Sonny Boy Williamson II. La prima parte della seconda sezione è invece uguale all’intro di Checkin’ Upon My Baby. Questo ci dà alcuni indizi sulle note fondamentali usate: c’è una vera e propria selezione delle note (quindi dei fori usati) in una certa posizione è cambia il modo di usarle. Il modo di usarle viene diversificato dalla ritmica usata su queste note e dall’uso di eventuali note al di fuori di questo insieme (o scala per spolverare un termine di teoria musicale) per abbellire personalizzare il risultato di questa o quella frase.
Riconoscere queste ghost note e il loro uso ci aiuta a capire lo stile di un determinato armonicista (o di una determinata influenza di genere e stilistica). Così quanto l’uso che viene fatto delle sillabe per rendere la ritmica delle note più elaborata che quello degli accenti e delle dinamiche. Caratteristiche enfatizzate su Evan Shuffle, ma anche su moltissimi altri brani, sia di armonica acustica che elettrificata, magari anche dal cupping (spesso dal dimenticato potere espressivo, in favore di altrettanto interessanti tecniche).
Cosa ci insegna questo? La prima cosa che vedo, personalmente, è che su un genere che ha un linguaggio forte come il Blues, la scelta delle note da usare, da non usare e soprattutto come e perché usarle è fondamentale. Quindi è interessante capire attorno a quali fori (note quindi e un gruppo di note fa una scala) suonare per essere nel giusto contesto.
Ma per essere credibili nel giusto contesto credo sia necessario conoscere anche lo slang del linguaggio e non solo la sua grammatica e il suo lessico. Lo slang sono le ghost notes, gli abbellimenti dati da ritmica e dinamica oltre allo sporcare certe note, al creare tensione e rilascio, usare vibrati e un certo tipo di attacco delle note (ultimi fattori molto personale che definiscono questo e quell’armonicista).
Riducendo il ragionamento ai minimi termini è giusto capire attorno a cosa si fondano le scelte delle note di un certo stile e da là capire cosa vogliamo usare e comprendere che le note che abbiamo possono trasformarsi ritmicamente e creare qualcosa di diverso, pur nel contesto. A questo va aggiunto quel pepe che ogni armonicista ha costruito pescandolo da altri musicisti è non necessariamente armonicisti.