“Help Me” e “I Don’t Know” sono due brani nei quali Sonny Boy Williamson II mostra come approccia alle sonorità e alle tonalità minori. Ma lo fa in modo totalmente inaspettato.

“Help Me”, pubblicata nel 1963, si basa sul groove strumentale “Green Onions” scritta da Booker T. & the MG’s l’anno prima. Lo strumentale del gruppo di casa Stax Volt diventò subito un successo straordinario che lo ha reso un brano immortale.

 

 

Tornando a Help Me vediamo un Sonny Boy Williamson II impegnato in un testo che parla di emancipazione inedita, in qualche modo: “se non mi dai una mano a casa, dovrò trovarmene un’altra“. Ricordiamoci che siamo negli anni 60 e proprio nel 1963 iniziarono i primi veri movimenti e risultati per i diritti e le pari opportunità delle donne. Da qui, un brano come “Help Me” diventa una testimonianza musicale molto interessante.

È altrettanto interessante scoprire come Sonny Boy approcci a questo brano.

 

 

Help Me.

È un Blues in 12 misure in FA minore, suonato in seconda posizione con un’armonica in SI bemolle. Scelta molto interessante se consideriamo che in seconda posizione, aspirando sui fori 123 (o 234) otteniamo sì l’accordo della tonalità del brano, ma quell’accordo è maggiore! Infatti, nel nostro caso, suonando i fori 123 (o 234, il foro 1 e il foro 4 suonano la stessa nota ad un’ottava di distanza) dell’armonica in Bb, otteniamo queste note: DO FA LA. L’accordo di FA maggiore. Il FA minore, infatti, prevede che il LA sia abbassato di un semitono e diventi LAb.

Con questo accordo a disposizione, un accordo maggiore, per suonare un brano minore la “furbizia” ci consiglierebbe di non usarlo e la nostra “esperienza” di armonicisti ci suggerirebbe di piegare di un semitono il 3 aspirato, quando suonato come nota singola, per ottenere la nota “corretta”.

Sonny Boy Williamson, invece, no.

 

 

Sonny Boy Williamson suona quell’accordo maggiore insistentemente per tutto il brano. E rende tutto epico perché quell’accordo dà la pastosità al brano, lo rende quel brano e fa venire voglia a noi ascoltatori di sentire quel suono durante tutta la canzone, partendo dal minutaggio 0.03 (al terzo secondo del brano). Il nostro continua ad usare questa sonorità, questo accordo suonato doppio (o ribattuto) con cadenza terzinata, per tutto il brano.

Vediamo cosa succede nelle varie parti del brano.

 

Intro:

Basato su un call & response abbastanza evidente, l’intro non è affatto esplosivo quanto piuttosto suggestivo e seducente. Infatti l’ostinato accordo suonato fin da subito, dopo la primissa frase, imposta un mood che risulta scuro, ma in tensione sufficiente a “cucinare” il brano, in attesa del suo vero inizio con il cantato. Il wah-wah ? molto pronunciato e se ascoltiamo bene Sonny Boy Williamson mescola note lunghe, vibranti ed evocative a frasi fulminee e precisissime. Interessante, inoltre, notare come alla fine di questa intro, non termini sul 2 aspirato (root note), ma sul 3 aspirato piegato di mezzo tono (terza bemolle), dando poi l’ultima “pennellata” usando l’accordo sui fori 1 2 e 3 aspirati.

Solo 1:

Probabilmente è l’assolo più “famoso” tra i due presenti in questo brano e che senza dubbio contiene un “signature lick” di Sonny Boy Williamson II. Per signature lick si intende una frase suonata su uno strumento che immediatamente viene associata ad un determinato strumentista. Nonostante Sonny Boy Williamson II abbia una personalità mastodontica su ogni cosa che suona, ha anche delle frasi che quando vengono risuonate e riproposte sono subito riconducibili a lui. Una di queste è presente sulla quinta e sesta misura del solo. Una sincope che non fa prigionieri e che potremmo usare come cartina tornasole del nostro suonare: se la riusciamo ad interiorizzare e a suonare come fa Lui, allora possiamo dirci “bravo” e possiamo dire di aver conquistato un ottimo risultato. Se questa parte è suonata correttamente diventa la cigliegina dell’assolo, se invece viene suonata “scolasticamente” diventa semplicemente “una parte” del solo.

Anche qui la costruzione del solo è basata sul contrasto: trilli che “preparano” alle risposte “fulminee” seguite da parti ostinate che si evolvono arpeggiando accordi o parti di essi (specie sul V e IV grado verso la fine del giro). Tutto il solo ha una dinamica magistrale, si sente benissimo che parte “in salita”, raggiunge un “climax” e risolve ritornando alla “calma” alla fine, dopo che ci ha trascinato in momenti di picco musicale da togliere il fiato.

 

Solo 2:

Nel secondo solo, Sonny Boy ci consegna una lezione importantissima: quella della variazione. Ascoltando bene e approfondendo bene cosa succede su questa parte, capiamo subito come tutto si sviluppi sulla falsa riga di ciò che Williamson ha suonato nell’assolo precedente. Trillo iniziale, ovviamente con qualche variazione (qui usa l’accordo maggiore tre volte sulla seconda battuta), seguito – sulle misure 5 e 6 – da un’altra frase in controtempo che ha fatto scuola. Pensiamo a James Cotton che le usava in maniera quasi esasperante, come su “Take a Message“. A mio avviso ciò che rende grande Williamson e lo differenzia da tutti gli altri è la maestria nell’essere misurato. Si sente che potrebbe fare molto di più, ma non ne ha bisogno. Riesce ad essere efficace, musicalmente geniale e interessante con pochi elementi ben usati. Questo è genio.

La chiusura di questo solo, inoltre, è praticamente uguale a quella del primo solo. Partendo dalla misura con il V grado fino alla fine del giro. Un ottimo insegnamento su come essere coerenti all’interno di un brano, utilizzando ciò che sappiamo fare.

 

Outro:

Nella parte finale abbiamo un po’ di sfortuna: il brano sfuma. Le cose più interessanti succedono spesso in questi finali sfumati e sono nascoste nella parte con meno volume. Peccato. Tuttavia abbiamo possibilità di intuire come Sonny Boy potesse affrontare questo finale. Parte sempre cauto, anche se deciso, e costruisce immediatamente una tensione che fa “decollare” il giro, anche se qui è troncato.

Insomma possiamo affermare senza timore che Williamson affronta Help Me cercando sempre la dinamica in ciò che fa e in ciò che suona.

 

Strofe:

Non è un mistero che Williamson vedesse nell’armonica un’estensione e un completamento della sua voce. Nelle strofe cantante si sente benissimo questo tipo di forma-mentis visto che in alcuni punti precisi adora rispondersi. Sentiamo inoltre come non abbia nessun tipo di problema a suonarsi gli accordi per mantenere quella repetitia-iuvant di quel particolare sound, dato proprio dal suo modo di “fonare” quell’accordo e quella cadenza che caratterizza il brano.

In nessun’altra versione, in nessun’altra cover di questo brano, rifatta da armonicisti storici (vedi Junior Wells, Charlie Musselwhite o Paul Butterfield, per nominarne alcuni) c’è questa idea armonicistica. In nessun’altra versione c’è questo colore dato dall’armonica suonata ad accordi e usata come caratteristica (o meglio arrangiamento) del brano.

Non facciamoci ingannare, tuttavia, dall’uso di quell’accordo “maggiore”. Williamson sapeva esattamente cosa stava facendo e praticamente ogni 3 aspirato che Williamson suona è piegato di un semitono, eliminando ogni possibilità di suonare qualcosa dalle caratteristiche di una tonalità “maggiore”. La presenta dei 4 aspirati con il bending ci fa intuire immediatamente come questo brano ruoti attorno ad una scala Blues. Non usa la scala Blues in quanto tale, come successione di note, ma la usa come insieme di note dal quale pescare per costruire le sue idee. È molto diverso.

Altro dettaglio al quale prestare attenzione su questo brano è il fatto che il suono dell’armonica di Williamson spesso si fonde con quello dell’organo Hammond suonato da Lafayette Leake o Billy “The Kid” Emerson (non è sicuro chi dei due fosse presente alla sessione di registrazione) in maniera talmente perfetta da non essere davvero distinguibili una dall’altra.

 

 

 

 

I Don’t Know.

Iniziamo subito a fare chiarezza. Questo brano è stato pubblicato nel 1957 e non ha nulla a che fare con quello scritto da Screamin’ Jay Hawkins e che porta il titolo omonimo, ripreso poi dai Blues Brothers nel loro album “A Briefcase Full Of Blues”.

 

 

I Don’t Know di Sonny Boy Williamson II è una cosa diversa, uno shuffle arrangiato in maniera sopraffina. Un brano in RE che ruota attorno all’accordo di RE9 e sul quale Sonny Boy usa, però, una terza posizione. Insomma, il brano questa volta è maggiore e Sonny Boy suona su una posizione, la terza appunto, che ci offre il modo dorico come partenza. Il modo dorico presenta caratteristiche tipicamente minori (terzo grado e settimo grado abbassati di mezzo tono rispetto al modo maggiore), ma la presenza della sesta giusta la “trattiene” verso il mondo delle tonalità maggiori.

 

 

 

Come mai, quindi, Williamson ha scelto di usare la terza posizione?

Personalmente ho trovato almeno due motivi. Il primo è per una questione sonora. La timbrica dell’armonica in SOL (seconda posizione su un brano in RE) è davvero grave e in un brano del genere, dove le chitarre suonano su un registro particolarmente acuto, rischia di risultare in un contrasto sonoro poco coeso e coerente. Ecco quindi che un’armonica in DO, invece, ci permette di suonare senza particolari scontri musicali e di poter essere abbastanza agili, grazie alle note a disposizione, per poterci spostare senza particolare problemi.

Il secondo è conseguente al primo. Capito che la timbrica del SOL è troppo grave e il conseguente “quasi-obbligo” di usare la terza posizione, ecco che quest’ultima ci regala già due blue note grazie al modo dorico. Il terzo e il settimo grado bemolle. L’altra blue note la troviamo sul quinto grado bemolle e quindi ottenibile facilmente con un bending sul sesto aspirato o sul terzo aspirato. Rispettivamente di un semitono e di un tono e mezzo. Il resto è lì, pronto e a disposizione, senza particolare fatica.

Ecco spiegata dunque la scelta di una “posizione per suonare in minore”, la terza, per affrontare un brano in tonalità maggiore. Scelta questa molto diffusa anche in tempi moderni e senza la necessità di dover per forza usare la terza posizione su brani in tonalità minore. (Se vuoi saperne di più, contattami: ho a disposizione una masterclass personalizzata che ti spiega le posizioni nel dettaglio).

 

Intro:

Quattro misure sintetiche, chiuse da uno slide di accordi della chitarra, dove Sonny Boy Williamson enfatizza la terza bemolle della tonalità, suonando il 5 aspirato, e la root note che troviamo sul quarto foro. Il wah-wah appare come abbellimento, a volte però diventa fondamentale per l’espressività della nota (specialmente sul 5 aspirato, che dura sempre 4/4 nei due momenti in cui viene suonato qui).

 

Solo:

Se confrontiamo il solo con l’intro intuiamo immediatamente come Sonny Boy Williamson II abbia usato quei due elementi iniziali (5 e 4 aspirati) come colonna portante del solo. Passa sempre per quei due fori, ma non fatevi ingannare. Non stava giocandosela sul sicuro. Quando vuole inserire un “peso” particolare non si fa problemi ad utilizzare note esterne a queste (5 soffiato e 4 soffiato) ed è interessante vedere come usi quel due aspirato piegato di un tono per trovare la blue note sull’ottava bassa, in terza posizione, invece di tornare sul 5 aspirato.

Inoltre, verso la fine del solo, quando entriamo sul quinto grado possiamo sentire come Sonny Boy Williamson II abbia un’interessante e ricca conoscenza musicale: parte dalla quinta dell’accordo, la alza di mezzo-tono per arrivare un attimo alla sesta bemolle (che troveremmo nel modo minore naturale) e riscendere subito alla quinta che tiene su tutta la misura, mentre quando passa al quarto grado suona la settima bemolle di quell’accordo, marcando e stressando questa blue-note, prima di finire.

Tutto ciò mantenendo sempre viva una certa melodia, una certa coerenza e un discorso continuo che non va mai a servizio della tecnica e del dimostrare di essere bravo. Williamson ci confeziona e consegna capolavori nei capolavori e studiarlo è un ottimo metodo per raccogliere informazioni, spunti di comprensione e ragionamento sull’armonica e sul Blues.

 

 

 

Concludendo…

Questi primi due brani di Williamson ci hanno immediatamente strigliato sull’approccio al Blues e su come “maggiore e minore” nel Blues siano due concetti da capire bene per poterli gestire come vogliamo e con il risultato musicale che abbiamo in mente. Sicuramente imparare questi due brani ci aiuta: Help Me per prendere confidenza con i Blues in tonalità minore, I Don’t Know per un uso meno “scontato” della terza posizione.

 

Buon divertimento e ricordati che le tablature vanno imparate a memoria e non usate come spartito da leggere mentre si suona. Se leggi, la musica non succede. Se suoni, sì. Per suonare devi interiorizzare e per farlo bisogna prima imparare a memoria.

 

Alla prossima puntata sul grande Sonny Boy Williamson II